Museo della Ceramica
Ceramic Museum




Quello di Vasanello è un piccolo museo tuttavia depositario di un grande passato. Qui è infatti conservato il materiale dell’unica fornace aretina di sigillata italica ritrovata fuori dal comprensorio di Arezzo. Un vero e proprio unicum che, a cavallo del I sec. a.C. e del I sec. d.C., esportava in tutto il mondo conosciuto. Vasanello è un toponimo che la dice lunga sulla principale vocazione che ne ha da sempre caratterizzato gli abitanti: la fabbricazione di vasi. Ma fino al 1975 nessuno sapeva spiegarsene il motivo, visto che nei dintorni solo Civita Castellana può vantare una tradizione similare.
Nel 1975 ecco finalmente aprirsi per la prima volta una finestra su un antico passato che spiega tutto: in una località a ridosso all’antico castrum di Palazzolo conosciuta come Cesurli – Poggio della Mentuccia, durante un’opera di disboscamento le radici di un’imponente quercia portano alla luce un’impressionante quantità di cocci e coccetti di così grande pregio che qualcuno pensa bene di avvisare la Soprintendenza.
Ci vogliono tuttavia una decina di anni prima che una giovane archeologa venga spedita da queste parti. Il suo nome è Clementina Sforzini e ciò che scopre rappresenta ancora oggi un unicum: le radici della quercia avevano rivelato il butto una fornace aretina di sigillata italica, la prima e unica mai ritrovata fuori dal comprensorio di Arezzo (vedi n° 31, “Fornace Aretina”). Si può allora sostenere che la lunga tradizione nell’ambito della ceramica di Vasanello deve la sua genesi proprio a questa fornace, poi a lungo dimenticata, ma che lasciò un talmente radicato ricordo tra le maestranze che allora vi lavorarono, da tramandarne per ben due millenni il retaggio.
Solo che, evidentemente, esaurita l’attività dei maestri aretini (la tesi più gettonata dagli archeologi è che fossero, per quanto bravi, dei falsari), non essendo i locali in grado di produrre identici manufatti quando i “maestri” interruppero la produzione, abbiano ripiegato sulla produzione di vasi di qualsiasi genere e foggia noti come “pignatte”. Le fonti documentali su queste attività partono dal XVI secolo – un editto contenuto nello Statuto di Bassanello a firma Giulio Della Rovere – ma attraverso ritrovamenti parecchio anteriori avvenuti nei butti (pozzi-discarica ubicati ai lati delle strade e nei palazzi gentilizi) è possibile attestare la presenza dei cocciari da tempo immemorabile.
Purtroppo, però, di quella che per secoli è stata la più fiorente attività di questo paese, oggi rimangono soltanto i malinconici manufatti conservati da privati e nel Museo della Ceramica. E pensare che fino alle soglie degli anni ’80 del Novecento si contavano ancora parecchie botteghe attive. Il museo si sviluppa principalmente sulla storia della ceramica prodotta nel territorio, risalente all’epoca falisco-etrusco-romana e, ininterrottamente, fino alla tradizione del Novecento.
Nelle sale si può infatti osservare come l’arte ceramica si sia sviluppata nel tempo. Nella sala della ceramica di epoca romana è stata realizzata una ricostruzione in scala di una fornace, di un banco con gli attrezzi da lavoro e un’anfora decorata con gli sviluppi di lavorazione. Nella stessa sala sono conservati dei pezzi ritrovati nel territorio con i “bolli” dei ceramisti che li realizzarono.
C’è poi una sala di epoca medievale molto interessante, con installata una bottega tipica dell’epoca. Molto belli sono i pannelli a muro, realizzati con mattonelle e decorati, raffiguranti l’evoluzione del del “cocciaro” nelle diverse epoche. Si passa poi all’utilizzo più svariato del coccio, che oltre al vasellame, veniva utilizzato per condutture idriche, canali e addirittura lapidi funerarie. Si chiude infine con la ceramica artistica, sia di artigiani locali, o di capolavori del Maestro Francesconi (originario di Faenza ma vasanellese d’adozione), e una piccola sezione dedicata alla Ceramica Bassanello del marchese Paolo Misciattelli (vedi n° 5, “Ceramica Bassanello”)
The museum in Vasanello may be small, but it holds the legacy of a grand past. It houses materials from the only known Arezzo-style Italic sigillata pottery kiln discovered outside the Arezzo region—a true rarity. Between the 1st century BCE and the 1st century CE, this kiln exported its wares across the known world. The name “Vasanello” itself speaks volumes about the primary vocation that has long defined its inhabitants: the crafting of vases. Yet, until 1975, no one could explain why this tradition existed here, as only Civita Castellana in the surrounding area could boast a similar heritage.
In 1975, a window into the ancient past finally opened, shedding light on everything. In an area near the ancient castrum of Palazzolo, known as Cesurli – Poggio della Mentuccia, during a clearing operation, the roots of a massive oak tree unearthed an astonishing quantity of high-quality pottery shards. Someone wisely alerted the archaeological authorities.
However, it took about a decade before a young archaeologist, Clementina Sforzini, was sent to investigate. What she discovered remains unique to this day: the oak’s roots had revealed the remains of an Arezzo-style Italic sigillata kiln, the first and only one ever found outside the Arezzo region (see no. 31, “Arezzo Kiln”).
It can therefore be argued that Vasanello’s long-standing ceramic tradition owes its origins to this kiln, which, though long forgotten, left such a deep impression on the craftsmen who once worked there that its legacy was passed down for two millennia.
However, once the Arezzo masters ceased production (archaeologists speculate they were skilled forgers), the local artisans, unable to replicate their work, shifted to producing various types of vessels known as pignatte. Documentary evidence of this activity dates back to the 16th century—a decree in the Statute of Bassanello signed by Giulio Della Rovere—but earlier discoveries in butti (trash pits located along roadsides and in noble residences) attest to the presence of potters since time immemorial.
Sadly, what was once the town’s most thriving industry for centuries is now represented only by the melancholic artifacts preserved by private collectors and in the Ceramic Museum. It’s hard to believe that as recently as the 1980s, several active workshops still existed. The museum primarily focuses on the history of ceramics produced in the area, dating back to the Faliscan-Etruscan-Roman era and continuing uninterrupted into the 20th century. The exhibits showcase how ceramic art evolved over time.
In the Roman-era ceramics room, a scaled reconstruction of a kiln, a workbench with tools, and an amphora decorated with production stages are displayed. The same room houses pieces found in the area, bearing the “stamps” of the potters who made them.
There is also a fascinating medieval-era room featuring a typical workshop setup. The wall panels, made of decorated tiles, beautifully depict the evolution of the cocciaro (potter) across different eras. The exhibits then explore the diverse uses of pottery, which, beyond tableware, was used for water conduits, drainage channels, and even funerary plaques.
The museum concludes with a section on artistic ceramics, including works by local artisans and masterpieces by Maestro Francesconi (originally from Faenza but an adopted Vasanellese), as well as a small section dedicated to Bassanello Ceramics by Marquis Paolo Misciattelli (see no. 5, “Bassanello Ceramics”).

